La solita pubblicità Ryanair

Ero su volo RayanAir dalla Francia all’Italia. Un volo un po sgangherato, fatto di check-in online, di pubblicità dovunque, di lattine di Pespsi vendute a peso d’oro. Insomma, il solito volo RayanAir. Ma non era davvero un problema. Avevo appena finito di farmi sette mesi di lavoro in Francia. Una bellissima esperienza, non c’è che dire. Avevo scritto relazioni, letto libri, fatto discussioni e sviscerato tutti i meandri dei campi elettromagnetici. Tutto rigorosamente in inglese, dato che di imparare il francese proprio non ne avevo intenzione. E, sotto sotto, pensavo ormai di aver imparato la lingua.

Così, dopo aver incollato il naso al finestrino al decollo per l’ennesima volta, ho preso la solita rivista RayanAir del solito volo sgangherato, rifilando un sorridente “Thank you” all’hostess (che probilmente era pure italiana). Era in inglese. L’ho aperta e ho letto un trafiletto a caso. E non l’ho capito. “Sarà la stanchezza”, ho pensato. “Troppe feste d’addio in questi giorni”. Lo rileggo, e non lo capisco bene. Si certo, ne afferro il senso. L’autore stava parlando, come se fosse stato un mio amico al bar, dell’ultimo viaggio fatto a Roma. Non ci credevo, eppure era così: mi sembrava di essere al liceo, a tradurre una frase in latino, a mettere sulla bilancia ogni parola e cercare di sistemarla. Alla fine, comunque sono riuscito a capire tutto l’articolo, e mi sono giustificato dicendomi che era scritto in un inglese un po regionale, probabilmente con termini dello slang. Arrivato a casa, mi sono dimenticato della’articolo e del mio orgoglio un po ferito, tra amici da ritrovare, genitori, fidanzata.

Poi però ci ho ripensato. Sicuramente non mi capiterà mai una cosa del genere in italiano. Io SONO Italiano. Posso capire tutto ciò che è scritto in questa linga. Ma una domanda continua a ronzarmi nella testa: in Francia mi ero destreggiato senza problemi con l’inglese scientifico, lineare e oggettivo, ma avevo fatto fatica a leggere un articoletto in slang di un autore che si atteggiava a viaggiatore di classe; e se fosse così anche in italiano? Se sapessi descrivere perfettamente il funzionamento di un circuto, ma non sapessi raccontare le emozioni di un viaggio, spiegare un buon consiglio a un amico, convincere un collaboratore della mia idea? In fondo, negli ultimi anni non ho fatto altro che scrivere testi scientifici. Chissà se sarei ancora capace di scrivere un tema dal titolo “Parla dell’amicizia”. Già ora, mentre scrivo, ho una voglia matta di fare elenchi puntati, di legare i concetti con freccie anzichè frasi, come in un buon schema universitario.

Articolo principale: Alla fine anch’io ho il blog

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