Archive for maggio, 2011

Una sera come tante

maggio 17th, 2011

E’ una sera come tante, di una settimana come tante. Avevo finito tutto quello che dovevo fare. O comunque, se avessi avuto ancora da fare, non l’avrei fatto perchè ero troppo stanco, e mi sarei raccontato una scusa che mi convincesse che avevo già finito tutto. Come tante sere, ho aperto internet per perdere ancora quella mezz’oretta prima di andare a dormire. E ho scritto “guadagnare con internet”. Il che mi ha portato a una serie di risultati davvero deludenti, come “guadanga 1000 euro al mese in pochi minuti!” o “diventa ricco vendendo Cialis!”.

Così ho girato e rigirato le solite parole chiave della ricerca (perchè ormai, diciamocelo, a furia di usare google alle volte mi sembra di ragionare più a parole chiave che a pensieri), e sono finito su un bel post: “Si può vivere di solo blog?” (googolatelo pure, è al primo posto). Tipo mai sentito, blog mai visto. Ho letto le prime 3 righe, pensando di essere davanti al solito ciarlatano col suo unguento miracoloso. E invece dopo la terza riga sono arrivate la quarta, la quinta, fino alla fine; quando è arrivata la fine, mi è quasi spiaciuto che fosse finito. Il tono un po critico e soprattutto i contenuti, che sta volta c’erano, mi avevano interessato e convinto a restare. Possibile che un blog di una persona che semplicemente diceva la sua fosse interessante? Alla fine per me quella sera la riposta era stata “Si”. L’autore era arrivato a conclusioni alle quali non avevo pensato, mi aveva fatto ragionare su cose che non mi erano mai venute in mente. E alla fine della lettura ero un po più ricco di prima, avevo un frammento di risposta in più alla mia domanda “si guadagna con internet?”. Domanda che poi, sinceramente, sarebbe comunque morta 10 minuti dopo mentre iniziavo a russare beato nel letto.

Prima di coricarmi, visto che ero ormai in tema di blog, mi sono ricordato del sito di un mio amico, il diario di un SysAdmin qualunque, che dopo essersi smazzato ore e ore di programmazione, alla sera trova anche il tempo di scrivere sul suo blog. Mangia pane e informatica il mio amico, eppure sul suo blog non c’è praticamente nessun articolo sui computer. Solo delle riflessioni personali. Quella sera sono riamasto ancora più sorpreso: gli ultimi testi erano dei racconti. Molto personali, ma dei racconti. Racconti veri, come quelli di Esopo o La Fontaine, qualcuno perfino colla morale. Sono rimasto sorpreso, e contento. Mi sono ricordato che non di solo pane vive l’uomo. Di quando anch’io, alle scuole superiori, leggevo libri o racconti, o scrivevo temi in classe sulle emozioni, e non solo saggi brevi sulle scoperte scientifiche. Per troppi anni ho scritto solo guide, descritto circuiti, copiato schemi a blocchi.

Articolo principale: Alla fine anch’io ho il blog

La solita pubblicità Ryanair

maggio 17th, 2011

Ero su volo RayanAir dalla Francia all’Italia. Un volo un po sgangherato, fatto di check-in online, di pubblicità dovunque, di lattine di Pespsi vendute a peso d’oro. Insomma, il solito volo RayanAir. Ma non era davvero un problema. Avevo appena finito di farmi sette mesi di lavoro in Francia. Una bellissima esperienza, non c’è che dire. Avevo scritto relazioni, letto libri, fatto discussioni e sviscerato tutti i meandri dei campi elettromagnetici. Tutto rigorosamente in inglese, dato che di imparare il francese proprio non ne avevo intenzione. E, sotto sotto, pensavo ormai di aver imparato la lingua.

Così, dopo aver incollato il naso al finestrino al decollo per l’ennesima volta, ho preso la solita rivista RayanAir del solito volo sgangherato, rifilando un sorridente “Thank you” all’hostess (che probilmente era pure italiana). Era in inglese. L’ho aperta e ho letto un trafiletto a caso. E non l’ho capito. “Sarà la stanchezza”, ho pensato. “Troppe feste d’addio in questi giorni”. Lo rileggo, e non lo capisco bene. Si certo, ne afferro il senso. L’autore stava parlando, come se fosse stato un mio amico al bar, dell’ultimo viaggio fatto a Roma. Non ci credevo, eppure era così: mi sembrava di essere al liceo, a tradurre una frase in latino, a mettere sulla bilancia ogni parola e cercare di sistemarla. Alla fine, comunque sono riuscito a capire tutto l’articolo, e mi sono giustificato dicendomi che era scritto in un inglese un po regionale, probabilmente con termini dello slang. Arrivato a casa, mi sono dimenticato della’articolo e del mio orgoglio un po ferito, tra amici da ritrovare, genitori, fidanzata.

Poi però ci ho ripensato. Sicuramente non mi capiterà mai una cosa del genere in italiano. Io SONO Italiano. Posso capire tutto ciò che è scritto in questa linga. Ma una domanda continua a ronzarmi nella testa: in Francia mi ero destreggiato senza problemi con l’inglese scientifico, lineare e oggettivo, ma avevo fatto fatica a leggere un articoletto in slang di un autore che si atteggiava a viaggiatore di classe; e se fosse così anche in italiano? Se sapessi descrivere perfettamente il funzionamento di un circuto, ma non sapessi raccontare le emozioni di un viaggio, spiegare un buon consiglio a un amico, convincere un collaboratore della mia idea? In fondo, negli ultimi anni non ho fatto altro che scrivere testi scientifici. Chissà se sarei ancora capace di scrivere un tema dal titolo “Parla dell’amicizia”. Già ora, mentre scrivo, ho una voglia matta di fare elenchi puntati, di legare i concetti con freccie anzichè frasi, come in un buon schema universitario.

Articolo principale: Alla fine anch’io ho il blog

Credevo di avere un sito personale

maggio 17th, 2011

Me l’ero detto tante volte: a che serve avere un blog? Un sito gestito da una sola persona che racconta di sè. A chi potrà mai interessare se racconto come la penso io, io che sono uno su sette miliardi di persone. E poi, che cosa potrà mai imparare la gente? Il mondo è pieno di blog, di gente che ti racconta quanto sta male, che si improvvisa poeta, o che scrive articoli di 10 righe su argomenti banali, riempie gli spazi vuoti di pubblicità, va in giro a commentare i blog degli altri pensando di ricevere così migliaia di visite e diventare lo Zio Paperone del 2000.

“No”, mi sono detto, “molto meglio avere un sito personale. Quello si che è una cosa seria. Farò il mio sito personale”. Non seguirò la moda del momento, i mille ragazzini che aprono un MySpace e raccontano le loro pene d’amore (che, per carità, ho avuto anch’io). Ci pubblicherò guide di informatica, circuiti e materiale didattico di elettronica, riassunti e commenti di letteratura, tante foto.

E così ho portato avanti il mio sito personale per vari anni; prima era una singola paginetta statica fatta per passare un po di appunti ai miei amici dell’università. Poi ha iniziato a crescere, di pari passo con le mie conoscenze del mondo web: categorie di contenuti, fogli di stile, php, grafica fatta con Gimp anzichè Paint (orrore starà già gridando qualcuno… XD); ho inizato a crederci un po di più, e a pensare periodicamente a come migliorarlo, a aggiungerci ogni due o tre settimane qualcosina. E così le pagine sono diventate interattive con la possibilità di commentare, i visitatori occasionali sono diventati, nella mia testa, possibili lettori fedeli, ho trovato carina l’idea di far votare le guide, e mi è venuta voglia di scrivere delle pagine, che intanto avevo inizato a chiamare articoli, sull’attualità. E così una mattina mi sono svegliato e mi sono detto: che vuol dire, oggi, avere un sito personale? Cioè, è personale perchè? Perchè ci scrivo solo io? Ma allora è un blog. Personale perchè parlo di quello che interessa a me? Ma allora è un blog. Personale perchè ci pubblico una serie di guide? Ma allora è comunque sempre un blog. E così mi sono reso conto che nonostante credessi di essermi fermato a 10 anni fa, e di essere il Don Chisciotte dei siti personali, in realtà Giacobbe85 si era evoluto in un blog.

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